Leonardo all’assalto dei media

Non solo giornali ma anche radio nazionali!

Il nostro Leonardo in data odierna ha rilasciato una lunga intervista per la trasmissione Mix 24 condotta da Giovanni Minoli in onda sulla prestigiosa Radio 24.
Definito letteralmente “Superman”, Leo ha ancora una volta dato sfoggio alla sua ‘potenza’ verbale, mentale ed energetica!

Potete ascoltare tutto tramite questo link:

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http://www.radio24.ilsole24ore.com/programma/mix24/puntate

 

Di seguito invece l’intervista uscita oggi su “Il Giornale dell’Umbria”:

tratto da Il Giornale dell’Umbria di Lunedì 18 maggio 2015

Leonardo Cenci: «Grazie al cancro ho imparato a vivere»

Intervista al perugino a cui 3 anni fa fu diagnosticato un tumore con un’aspettativa di vita di soli sei mesi

leo18052015

PERUGIA – Leonardo Cenci ha gli occhi sgranati sul mondo che neppure le lenti solari dei suoi occhiali gialli riescono a nascondere; un sorriso innocente incorniciato da una barba fina, che chissà perché fa venire in mente certe antiche icone di san Francesco. Solo a tratti sembra un cucciolo smarrito, e allora ti viene voglia di abbracciarlo, proteggerlo, tenere lontano dai guasti della vita, ma sono sensazioni fugaci, in verità lui ha un cuore così grande che è capace di accogliere e battere forte per sé e per gli altri.
Lo senti parlare e non ti stupiresti nemmeno se dalle sue spalle ad un tratto uscissero le ali di un angelo. Leo ha un cancro al polmone e metastasi al cervello e un’energia che contamina chiunque gli stia accanto. Tre anni fa i medici gli avevano dato sei mesi di vita e da allora molti miracoli sono accaduti. Lo incontriamo al bar “Menchetti”, davanti allo stadio Curi, è appena uscito dalla palestra, si concede una spremuta e poi, promette «risponderò ad ogni quesito». Sorride, è un vulcano incontenibile.
Leonardo partiamo dunque da questa avventura, che normalmente sarebbe definita disavventura, ma visto come l’hai affrontata quello che ti è successo forse non è tutto negativo.
«Assolutamente, io sono la testimonianza concreta che da una potenziale malattia, che spaventa solo a nominarla, se ne può uscire migliori. Fisicamente e sotto il profilo psico- mentale mi ha aperto le porte ad un’altra vita. Mi ha fatto vedere tutto con una nuova prospettiva».
La scoperta, la rivelazione.
«Sono uno sportivo da sempre. Stavo preparando la maratona di New York per il novembre 2012. A luglio mi sono accorto che c’era qualcosa che non andava. Vedevo che questa marcata astenia aumentava in maniera esponenziale. Finché un giorno portando dei fardelli d’ac – qua dalla cantina al terzo piano ho sentito mancarmi il respiro. Dolori forti ai muscoli. Prima il radiologo mi ha messo in allarme. Poi dalla Tac è emerso che avevo questa pallina da tennis fra il bronco e il polmone, tutti i linfonodi nel mediastino, nella parte sinistra, infiammatissimi, da qui il ricovero».
Come te l’hanno detto?
«L’hanno detto ai miei genitori. Lucio Crinò, il primario di oncologia, ha esordito così, “ce la metteremo tutta, ma la situazione non è bella”. Lo pneumologo aveva rivelato a mio padre che l’aspettativa di questo cancro, un adenocarcinoma al polmone al quarto stadio, che comunque aveva già metastatizzato il cervello, una doppia mutazione genetica, inoperabile e incurabile, mi avrebbe concesso al massimo quattro- sei mesi di vita».
Che si sente in quei momenti?
«Uno smarrimento totale. Tre giorni di metabolizzazione, passati fra sbigottimento e paura. Poi come una resurrezione. Ho ringraziato Dio di avermi dato il cancro e di avermi fatto capire il senso della vita ».
Quali sono i valori importanti?
«Vivere in pienezza. Le emozioni, un abbraccio, un ascolto, l’amore. I sentimenti positivi, la speranza, l’entusiasmo, l’appa – gamento, la condivisione, il fatto che ti senti bene quando aiuti una persona. In questa società si ha sempre fretta. La gente non ha tempo per fermarsi per ascoltare uno che ha un problema sentimentale, una depressione, una sofferenza, un senso di inadeguatezza. C’è un’insoddisfa – zione generale. Complici anche i media dove fa notizia la cosa tragica e negativa che non aiuta, la crisi poi strumentalizzata per fomentare questo pessimismo cosmico».
E gli effetti di questo processo di imbarbarimento?
«La gente persa in piccoli e spesso insignificanti problemi. Prevale in tutto un senso di impotenza che tende a rendere passiva ogni persona. Nessuno che dica: “tocca a me eliminare l’ostacolo”, “tocca a me provare a rialzarmi, a combattere”».
Il tuo farmaco, la tua terapia più importante ed efficace?
«La mia mente. Mi sono sottoposto ovviamente a tutti i cicli di terapie standard, dalla chemioterapia, alle radioterapie panencefaliche per le metastasi. Un percorso doloroso e lungo. Però quando io ero attaccato alla chemio, al cisplatino, ogni gocciolina che vedevo che entrava in vena cercavo con la mente di veicolarla proprio lì, contro il cancro. Una determinazione, come se fosse una sfida. Come un pugile che colpisce e poi alla fine abbraccia il suo avversario, comunque rispettandolo».
E perché a questo nemico sei anche in qualche modo grato?
«Mi ha donato l’opportunità di capire che rincorrere il successo e il denaro è una follia. E il fatto che quando non ci si sente più immortali il dono più prezioso è l’attimo che stiamo vivendo».
Tu una volta hai detto che la libertà ci rende più sani…
«Quando stai combattendo una battaglia importante non puoi permetterti di trascinare zavorre, avere distrazioni. E devi fare esclusivamente quello che ti fa star meglio. Non hai più tempo da perdere. E poi va da sé che il rispettarsi, il riconoscere la propria autonomia è importante, per essere autentici e veri. Senza bugie, finzioni, ipocrisie, si sta meglio. Non si ha più paura di esprimersi, di mettersi a nudo. Ci si guadagna in serenità, non temi di essere smascherato. Non hai un pensiero negativo. Vivi in onestà e una ricchezza e bontà d’animo totale. Non hai nulla da nascondere. Una spontaneità totale. Un animo trasparente».
La fede ti ha aiutato.
«Ho fatto un percorso scauttistico, vengo dalla Agesci, ovviamente con la patologia tumorale la fede si è estesa e amplificata. Ho il mio angelo custode che è San Francesco, da quando avevo 14 anni. Quando io prego, quelle tre o quattro volte al giorno, poi faccio un piccolo dialogo con lui e gli chiedo che mi protegga sotto le sue ali».
Ma tu pensi anche agli altri…
«Ho fondato l’associazione “Avanti tutta” onlus, che mi dà una marcia in più. Sto migliorando la qualità della vita dei pazienti dell’oncologia medica di Perugia. Tre o quattro volte la settimana vado là e cerco di dare speranza, ottimismo, conforto e consapevolezza che comunque con un cancro si riesce a vivere una vita quasi normale».
Si dice che “finché si ama si vive”. Tu l’amore non solo lo dai ma ne ricevi anche tanto.
«La fama è arrivata con il servizio delle Iene, poi ho partecipato a “Dia – logo” su Rai1 di Roberto Olla… Essere riconosciuto dà energia. C’è un esercito di persone che mi vuole bene e molti che mi ringraziano perché gli risollevo la giornata. La presidente Marini mi ha definito “patri – monio della regione Umbria”».
Hai paura di morire?
«No. Io, che ho già vinto, mi ritengo già un miracolato. Mi avevano dato sei mesi di vita e sono passati due anni e mezzo e se muoio domani sono sereno. È come se tutto quello che mi accade fosse un dono, un regalo prezioso e importante».
Il futuro?
«Scherzando con l’équipe di medici che mi cura ho detto che vorrei morire nel 2050, quando avrò 78 anni. Questa è la mia asticella, però deciderà Dio quando sarà arrivato il mio momento, e questo vale per tutti. Noi dobbiamo lavorare sulla qualità della nostra vita, non solo sulla quantità. Si vive tanto rispetto a cosa… Il momento arriverà, ineluttabile, e bisogna arrivarci in maniera serena, senza paura, senza timore, soprattutto arrivarci con la consapevolezza che la qualità della tua vita è stata bella, perché questo ti fa veramente morire felice. Quando tu hai vissuto bene che motivi hai per morire incazzato?».
Una delle cose che ti ha commosso di più?
«Ero ricoverato, attaccato al cisplatino della chemio, un po’ alloc – chito ma vigile, e sentii mio padre prendermi le mani e dire: “Dio ti prego dammi a me la sua malattia”. Amore allo stato puro! Mi scivolò una lacrima sul lenzuolo ma feci finta di niente. Trovai la forza di dirglielo solo dopo cinque mesi e questa cosa ancora mi fa piangere».